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Carenza di Vitamina D e Salute Mentale

Conseguenze della Carenza di Vitamina D sulla Salute Mentale

La vitamina D, conosciuta anche come “vitamina del sole” per la sua principale modalità di sintesi attraverso l’esposizione ai raggi solari, svolge un ruolo fondamentale non solo nel mantenimento della salute fisica, ma anche nel benessere psicologico ed emotivo.

Negli ultimi anni, numerosi studi scientifici hanno evidenziato come una carenza di questa vitamina possa essere associata a diversi disturbi psichiatrici, tra cui depressione, ansia e disturbi dell’umore.

Questo articolo esplorerà la relazione esistente tra i livelli di vitamina D e la salute mentale, analizzando le possibili conseguenze psicologiche derivanti dalla sua carenza e offrendo indicazioni utili per la prevenzione e la gestione di tale condizione.

Punti Chiave:

  • La vitamina D influisce sia sulla salute fisica sia su quella mentale.
  • Una carenza di vitamina D può aumentare il rischio di disturbi psicologici come depressione, ansia e, in alcuni casi, sintomi psicotici.
  • Questa vitamina è importante per il corretto funzionamento dei neurotrasmettitori che regolano l’umore.
  • I sintomi psicologici legati alla carenza possono includere depressione, soprattutto quella stagionale, ansia, disturbi del sonno, irritabilità, stanchezza mentale e difficoltà di concentrazione.
  • Integrare la vitamina D può aiutare a migliorare i sintomi depressivi, anche in aggiunta ad altri trattamenti.
  • Esporsi alla luce solare e svolgere attività fisica all’aperto sono strategie utili per aumentare i livelli di vitamina D e favorire il benessere psicologico.
  • La carenza di vitamina D è diffusa, soprattutto nelle zone con poca esposizione al sole, e rappresenta un problema anche per la salute mentale.
  • Controllare e correggere i livelli di vitamina D può essere un valido supporto nella gestione dei disturbi dell’umore e di altri problemi psicologici.
  • La vitamina D potrebbe avere anche un effetto protettivo sul cervello e contribuire a ridurre la gravità di alcuni disturbi psichiatrici.

Cos’è la vitamina D: il ruolo della vitamina D nell’organismo

La vitamina D è una vitamina liposolubile che gioca un ruolo essenziale nella regolazione dei livelli di calcio e fosforo nel sangue, facilitando così la mineralizzazione delle ossa e la salute scheletrica generale. Oltre al suo impatto diretto sulla salute ossea, la vitamina D contribuisce al buon funzionamento del sistema immunitario, alla regolazione della crescita cellulare e al mantenimento della salute muscolare.

Viene prodotta principalmente attraverso la pelle quando questa è esposta alla luce ultravioletta dei raggi solari, ma può essere assunta anche tramite specifici alimenti o integratori dietetici.

La sua carenza può compromettere numerosi processi fisiologici vitali e influenzare significativamente anche l’equilibrio psicologico.

Indipendentemente dalle cause, la carenza di vitamina D presenta delle conseguenze mediche e psicologiche gravi. Ogni tessuto del corpo umano è dotato di recettori di questa vitamina: possiamo trovarne, ad esempio, nel cervello, nel cuore, nei muscoli e nel sistema immunitario. Ciò significa che la vitamina D è vitale per il funzionamento del corpo umano a tutti i livelli.

La vitamina D, inoltre, è la sola vitamina ad essere al tempo stesso un ormone. Una volta assunta attraverso l’alimentazione o assorbita (sintetizzata) attraverso la pelle, la vitamina D viene trasportata nel fegato e nei reni dove può trasformarsi nella sua forma attiva di ormone. In qualità di ormone, la vitamina D aiuta l’assorbimento del calcio, aiutando a costruire delle ossa, dei denti e dei muscoli più forti.

Oltre al suo ruolo di coadiuvante nell’assorbimento del calcio, la vitamina D attiva quei geni che regolano il sistema immunitario e rilascia i neurotrasmettitori (ad esempio la dopamina e la serotonina) che aiutano il funzionamento e lo sviluppo cerebrale.

Ciclo della Vitamina D

Epidemiologia della carenza di vitamina D: un problema di salute pubblica in Italia e in Europa

Secondo le stime ufficiali, all’incirca un miliardo di persone nel mondo soffrono di carenza o insufficienza di vitamina D. Questo dato allarmante si riflette anche nella situazione europea, dove recenti studi hanno evidenziato una diffusione preoccupante di questo problema di salute pubblica.

Prevalenza in Europa: il progetto ODIN

Il progetto ODIN, un’iniziativa quadriennale finanziata dall’Unione Europea che ha coinvolto esperti di 19 paesi, ha rivelato dati preoccupanti sulla carenza di vitamina D nel continente europeo. Secondo questo studio, il 13% della popolazione dell’Unione Europea soffre di grave carenza di vitamina D, con livelli sierici inferiori a 30 nanomoli per litro (nmol/L). Questa percentuale rappresenta un numero enorme di persone abitanti in Europa e configura una vera e propria pandemia.

La situazione si aggrava ulteriormente durante i mesi invernali, quando la prevalenza di carenza sale al 17,7%, per poi diminuire nei mesi da aprile a novembre fino all’8,3%. Se consideriamo una soglia più alta (livelli inferiori a 50 nmol/L), la prevalenza complessiva di carenza di vitamina D in Europa raggiunge il 40,4%.

È interessante notare che le percentuali di carenza di vitamina D in Europa sono all’incirca doppie rispetto a quelle riportate negli Stati Uniti. Inoltre, la distribuzione geografica della carenza non è uniforme: l’Europa centrale e orientale, così come i paesi dell’area mediterranea, presentano situazioni particolarmente critiche.

La situazione in Italia

In Italia, la situazione appare particolarmente critica. Dati recenti indicano che la carenza di vitamina D interessa circa il 70-80% della popolazione italiana anziana. Uno studio condotto su bambini italiani ha rivelato che solo l’11,3% mostrava livelli sufficienti di colecalciferolo, mentre il 30% aveva livelli insufficienti e addirittura il 58,7% presentava una deficienza di 25(OH)D.

Secondo l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), la carenza di vitamina D è particolarmente frequente in Italia, soprattutto negli anziani e nei mesi invernali. L’86% delle donne italiane sopra i 70 anni presenta livelli ematici di 25(OH)D inferiori ai 10 ng/ml alla fine dell’inverno. Uno studio riporta livelli circolanti di 25(OH)D inferiori a 12 ng/mL (30 nmol/L) nel 76% delle donne italiane di età superiore ai 70 anni, sempre alla fine dell’inverno.

Anche tra i giovani la situazione è preoccupante: uno studio condotto a Pisa su adolescenti italiani ha rilevato che il 50% aveva deficit di vitamina D con livelli inferiori a 20 ng/ml e il 32% insufficienza con livelli compresi tra i 20 e i 30 ng/ml.

Tabella: Dosaggi raccomandati per diverse fasce d’età

Fascia d’etàDosaggio giornaliero raccomandatoNote
Neonati (0-12 mesi)400 UIPrevenzione del rachitismo
Bambini (1-18 anni)600 UISupporto alla crescita ossea
Adulti (19-70 anni)600-800 UIMantenimento della salute
Anziani (>70 anni)800-1000 UIPrevenzione di cadute e fratture
Donne in gravidanza600-800 UISupporto allo sviluppo fetale

Gruppi a maggior rischio

La carenza di vitamina D non colpisce la popolazione in modo uniforme. Alcuni gruppi sono particolarmente vulnerabili:

  • Anziani: con l’avanzare dell’età, la capacità della pelle di sintetizzare la vitamina D diminuisce significativamente. La produzione di vitamina D a 40 anni è ridotta a circa 3/4 rispetto a quella di un ventenne, mentre a 70 anni si riduce alla metà. Molti anziani trascorrono meno tempo all’aria aperta per motivi di salute o ridotta mobilità.
  • Persone con pelle scura: nei sottogruppi etnici dalla pelle scura, la prevalenza di carenza può essere significativamente più alta. L’elevato contenuto di melanina riduce l’assorbimento della vitamina D attraverso la pelle esposta al sole. Uno studio su neonati da madri italiane e madri immigrate ha rilevato una prevalenza molto più alta di deficit grave tra i figli delle seconde.
  • Donne in gravidanza e madri che allattano: sono considerate a rischio, e la profilassi con vitamina D è importante per il benessere del feto e del neonato.
  • Bambini e adolescenti: durante le fasi di crescita, il fabbisogno di vitamina D è elevato. I neonati, i bambini piccoli e gli adolescenti rientrano nei gruppi più vulnerabili.

Altri gruppi a rischio

  • Persone con scarsa o nulla esposizione al sole
  • Persone che lavorano a turni o in ambienti chiusi
  • Persone che indossano abiti coprenti per motivi culturali o religiosi
  • Fumatori
  • Persone con obesità, malattie epatiche, celiachia, malattie renali
  • Soggetti istituzionalizzati o con comorbidità

Considerazioni etniche e razziali

Recenti studi suggeriscono che i livelli ottimali di vitamina D possano variare tra i diversi gruppi etnici e razziali. La supplementazione dovrebbe quindi essere personalizzata. Le persone con pelle scura di origine africana, afro-caraibica e sud-asiatica sono maggiormente a rischio. Paradossalmente, nei paesi del Sud Europa si registrano livelli di carenza più alti rispetto al Nord.

Sintomi della carenza di vitamina D

La carenza di vitamina D rappresenta un problema rilevante per la salute globale, con conseguenze che si estendono ben oltre l’ambito fisico.

Sul piano corporeo, livelli insufficienti di questa vitamina possono causare debolezza muscolare, dolori osteo-articolari, maggiore suscettibilità alle infezioni e fragilità ossea, fino a condizioni più gravi come osteomalacia negli adulti e rachitismo nei bambini.

Tuttavia, sempre più evidenze scientifiche suggeriscono che la vitamina D svolge un ruolo cruciale anche nella regolazione dell’umore e delle funzioni cognitive.

Studi recenti hanno messo in luce un’associazione significativa tra bassi livelli di vitamina D e sintomi psicologici come depressione, ansia, affaticamento mentale e declino delle capacità cognitive, delineando un quadro complesso in cui corpo e mente risultano strettamente interconnessi.

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Quadro sintomatologico completo

La carenza di vitamina D può manifestarsi attraverso numerosi sintomi psicologici che spesso si sovrappongono a quelli di disturbi come la depressione e l’ansia. Ecco un elenco dettagliato dei principali sintomi psicologici associati alla carenza di vitamina D:

  • Cambiamenti dell’umore: oscillazioni emotive, irritabilità e instabilità emotiva
  • Affaticamento e stanchezza cronica: sensazione persistente di esaurimento non migliorata dal riposo
  • Aumento della sensibilità al dolore: percezione amplificata degli stimoli dolorosi
  • Compromissione cognitiva: difficoltà di concentrazione, problemi di memoria (in particolare memoria episodica) e disfunzione esecutiva
  • Sensazione di “nebbia mentale”: difficoltà a pensare chiaramente o a elaborare informazioni
  • Sentimenti di disperazione o tristezza: stato d’animo depresso persistente
  • Perdita di interesse per attività precedentemente piacevoli: anedonia o ridotta capacità di provare piacere
  • Ansia: preoccupazione eccessiva, tensione e nervosismo
  • Pensieri suicidi: nei casi più gravi
  • Disturbi del sonno: difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno
  • Cambiamenti nell’appetito: perdita o aumento dell’appetito
  • Variazioni significative di peso: perdita o aumento di peso non intenzionale
  • Ritiro sociale: tendenza all’isolamento e riduzione delle interazioni sociali

Tabella: Livelli di vitamina D e rischio di disturbi mentali

Livello di vitamina D nel sangueClassificazioneRischio di disagio
<30 nmol/L (<12 ng/mL)Carenza graveSignificativamente elevato
30-50 nmol/L (12-20 ng/mL)CarenzaModeratamente elevato
50-75 nmol/L (20-30 ng/mL)InsufficienzaLeggermente elevato
>75 nmol/L (>30 ng/mL)SufficienzaNormale

Classificazione per gravità

I sintomi psicologici della carenza di vitamina D possono variare considerevolmente in base alla gravità della carenza stessa. Ecco una distinzione tra sintomi lievi, moderati e gravi:

Sintomi lievi (livelli di vitamina D tra 20-30 ng/mL)

  • Leggera stanchezza o affaticamento occasionale
  • Lievi cambiamenti dell’umore
  • Occasionale difficoltà di concentrazione
  • Sensibilità al dolore leggermente aumentata
  • Leggera irritabilità
  • Episodi sporadici di ansia

In questa fase, i sintomi tendono ad essere vaghi e spesso vengono attribuiti ad altre cause come lo stress o la stanchezza quotidiana.

Sintomi moderati (livelli di vitamina D tra 10-20 ng/mL)

  • Affaticamento persistente che interferisce con le attività quotidiane
  • Cambiamenti dell’umore più pronunciati e frequenti
  • Difficoltà di concentrazione e problemi di memoria a breve termine
  • Aumento significativo della sensibilità al dolore
  • Perdita parziale di interesse per attività precedentemente piacevoli
  • Ansia moderata
  • Disturbi del sonno
  • Sensazione di “nebbia mentale” più persistente
  • Debolezza muscolare che inizia a interferire con le attività quotidiane

I sintomi moderati iniziano a influire sulla qualità della vita e sulle prestazioni lavorative o scolastiche.

Sintomi gravi (livelli di vitamina D inferiori a 10 ng/mL)

  • Affaticamento debilitante
  • Depressione clinicamente significativa
  • Compromissione cognitiva grave (problemi di memoria, difficoltà di ragionamento)
  • Dolore cronico e diffuso
  • Completa perdita di interesse per attività precedentemente piacevoli
  • Ansia grave o attacchi di panico
  • Pensieri suicidi
  • Isolamento sociale
  • Debolezza muscolare grave
  • Significative alterazioni dell’appetito e del peso
  • Disturbi del sonno persistenti

A questo livello, i sintomi possono essere invalidanti e richiedere intervento medico.

Meccanismi d’azione della vitamina D sul cervello

La vitamina D, spesso definita neurosteroid ormonale per le sue proprietà immunomodulatorie e neurotrofiche, esercita effetti complessi e multidimensionali sul cervello attraverso vari meccanismi biochimici e cellulari. Questi meccanismi spiegano come la sua carenza possa manifestarsi con sintomi psicologici e contribuire allo sviluppo di disturbi mentali.

La vitamina D svolge un ruolo fondamentale nella regolazione di diversi sistemi di neurotrasmettitori cerebrali, influenzando sia la loro sintesi che il loro metabolismo.

Recettori della vitamina D nel cervello

È stato ormai accertato che la vitamina D esercita effetti significativi anche a livello del sistema nervoso centrale, grazie alla presenza dei suoi recettori (VDR) in diverse aree del cervello. Questi recettori sono particolarmente concentrati in regioni coinvolte nella regolazione dell’umore e delle funzioni cognitive, come l’ippocampo, il che suggerisce un possibile ruolo della vitamina D nei meccanismi alla base di disturbi come depressione, psicosi e deterioramento cognitivo.

A rafforzare questa ipotesi, si aggiunge il fatto che nel cervello sono presenti anche gli enzimi necessari all’attivazione della vitamina D, come la 1-alfa-idrossilasi, indicando che il cervello è in grado non solo di rispondere alla vitamina D, ma anche di sintetizzarne localmente la forma attiva.

Questo insieme di evidenze apre interessanti prospettive sull’influenza diretta della vitamina D sulle funzioni cerebrali e sul suo possibile ruolo preventivo o terapeutico nei disturbi neuropsichiatrici.

Trasportatori di Membrana

La vitamina D modula l’espressione di trasportatori e recettori essenziali per la funzione dei neurotrasmettitori:

  • Regola l’espressione dei trasportatori degli amminoacidi eccitatori (EAAT) e dei trasportatori GABA-3 (GAT3), fondamentali per il riassorbimento di glutammato e GABA
  • Influenza l’espressione del gene del trasportatore della dopamina (SLC6A3)
  • Modula l’espressione dei recettori GABA

Gli studi su animali con carenza di vitamina D hanno rilevato livelli più bassi di dopamina e glutammato, mentre i livelli di glicina e GABA risultavano più elevati, suggerendo un profondo impatto sui sistemi di neurotrasmissione.

Sintesi dei neurotrasmettitori

La vitamina D attiva l’espressione genica dell’enzima tirosina idrossilasi, che rappresenta la fase limitante nella sintesi delle catecolamine. Questo enzima è cruciale per la produzione di dopamina, noradrenalina e adrenalina, neurotrasmettitori che giocano un ruolo chiave nella patofisiologia dei disturbi dell’umore.

Nel caso specifico della serotonina, la vitamina D non solo protegge la salute dei neuroni serotoninergici attraverso il suo effetto neurotrofico, ma supporta direttamente la sintesi di serotonina favorendo l’espressione genica degli enzimi coinvolti nel processo. In caso di carenza di vitamina D, si verifica un’alterazione della sintesi di serotonina, con conseguenti effetti sull’umore.

Metabolismo dei neurotrasmettitori

Oltre alla sintesi, la vitamina D partecipa anche al metabolismo di questi neurotrasmettitori, prevenendone l’esaurimento. La carenza di vitamina D riduce l’espressione della catecol-O-metiltransferasi (COMT), portando a un alterato metabolismo della dopamina.

Effetti anti-infiammatori e immunomodulatori

La vitamina D possiede potenti proprietà anti-infiammatorie che influenzano numerosi aspetti della salute umana, inclusa la funzione cerebrale:

Riduzione della neuroinfiammazione

La vitamina D riduce le risposte infiammatorie e la neuroinfiammazione, processi che sono stati associati a vari disturbi mentali come depressione, schizofrenia e disturbi neurocognitivi. Questo effetto protettivo aiuta a riparare i danni neuronali, diminuisce l’apoptosi neuronale e migliora gli esiti funzionali.

Modulazione della risposta immunitaria

Il meccanismo biologico alla base della relazione tra ipovitaminosi D e malattie mentali è molto probabilmente correlato all’azione della vitamina D sulla regolazione dei processi infiammatori e immunologici, che a loro volta possono agire come mediatori o modulatori per lo sviluppo di sintomi clinici e/o la risposta al trattamento.

Stress ossidativo

La vitamina D eleva la capacità di eliminazione dei radicali liberi e riduce lo stress ossidativo aumentando il glutatione intracellulare, un potente antiossidante. Questo meccanismo è particolarmente rilevante considerando che lo stress ossidativo e l’infiammazione sono stati proposti come possibili meccanismi nella patofisiologia dei disturbi dell’umore.

Effetti neuroprotettivi

La vitamina D esercita diversi effetti neuroprotettivi che sono fondamentali per la salute cerebrale.

Regolazione del calcio neuronale

La vitamina D riduce l’afflusso di calcio neuronale e il rilascio di glutammato eccitotossico, stimolando l’apoptosi post-lesione. Questo avviene attraverso la regolazione negativa dei canali del calcio di tipo L voltaggio-sensibili e la regolazione positiva del buffering intracellulare del calcio.

Alcuni studiosi hanno ipotizzato che la depressione sia causata da uno squilibrio tra vie eccitatorie e inibitorie nel cervello. Secondo questa ipotesi, la vitamina D riduce l’aumento dei livelli neuronali di calcio (Ca²⁺) che guidano la depressione, mantenendo l’espressione delle pompe e dei buffer del Ca²⁺ che riducono i livelli di Ca²⁺.

Promozione della neurogenesi

La vitamina D è un potente modulatore dell’espressione di agenti neurotrofici come il fattore di crescita nervoso (NGF), il fattore neurotrofico derivato dal cervello (BDNF) e la neurotrofina (NT). Questi fattori neurotrofici sono necessari per la vitalità, la crescita e la migrazione dei neuroni.

La struttura dell’ippocampo controlla la memoria e le funzioni emotive in altre regioni cerebrali, e l’atrofia della struttura limbica è stata associata alla depressione cronica. La vitamina D, agendo sull’ippocampo, supporta la neurogenesi, processo importante nella depressione.

Protezione assonale

La vitamina D svolge un ruolo fondamentale nella protezione e nel mantenimento dell’integrità delle strutture neuronali. In particolare, favorisce l’assogenesi e contribuisce all’aumento del diametro assonale in caso di lesioni traumatiche, migliorando la protezione dei microtubuli e facilitando la rigenerazione del citoscheletro assonale e neuronale.

Parallelamente, la vitamina D partecipa attivamente alla modulazione della plasticità sinaptica e della neurotrasmissione, influenzando l’espressione della macchineria di rilascio presinaptica e regolando trasportatori, recettori ed enzimi coinvolti nella sintesi e nel metabolismo dei neurotrasmettitori. Questo duplice effetto neuroprotettivo e neuromodulatore rafforza l’ipotesi di un suo ruolo chiave nel mantenimento della salute cerebrale e nella prevenzione dei disturbi neurologici e psichiatrici.

Relazione bidirezionale con i disturbi mentali

La relazione tra carenza di vitamina D (ipovitaminosi D) e malattie mentali sembra essere di tipo bidirezionale, il che significa che non solo bassi livelli di vitamina D possono contribuire all’insorgenza o all’aggravamento di disturbi psichiatrici, ma anche la presenza di un disturbo mentale può a sua volta influenzare negativamente i livelli di questa vitamina.

Inoltre, alcune terapie farmacologiche e condizioni mediche associate alle patologie mentali possono interferire con il metabolismo della vitamina.

La carenza di vitamina D può aumentare il rischio di sviluppare malattie mentali attraverso i meccanismi sopra descritti, alterando la neurotrasmissione, aumentando l’infiammazione e compromettendo la neuroprotezione.

D’altra parte, le malattie mentali aumentano il rischio di ipovitaminosi D a causa di:

  • Ridotta attività all’aperto, che limita l’esposizione al sole necessaria per la sintesi della vitamina D
  • Minore assunzione di nutrienti, inclusi quelli ricchi di vitamina D
  • Effetti dei trattamenti farmacologici sul metabolismo della vitamina D
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Questa relazione bidirezionale crea un potenziale circolo vizioso in cui la carenza di vitamina D e i disturbi mentali si rafforzano a vicenda, sottolineando l’importanza di monitorare i livelli di vitamina D nei pazienti con disturbi mentali e di considerare la supplementazione come parte di un approccio terapeutico integrato.

Disturbi specifici associati alla carenza di vitamina D

La carenza di vitamina D è stata collegata a numerosi disturbi psicologici e neurologici. Le ricerche più recenti hanno evidenziato correlazioni significative tra bassi livelli di questa vitamina e vari disturbi mentali specifici, ampliando la nostra comprensione del ruolo cruciale che essa svolge nel mantenimento della salute cerebrale.

Depressione

La depressione rappresenta una delle condizioni più frequentemente associate alla carenza di vitamina D. Il Third National Health and Nutrition Examination Survey, un ampio studio basato sulla popolazione, ha fornito dati significativi su questa correlazione.

I risultati hanno evidenziato che le persone con livelli sierici di vitamina D inferiori o uguali a 50 nmol/L hanno una probabilità significativamente maggiore di soffrire di depressione rispetto a coloro che presentano livelli sufficienti (≥ 75 nmol/L).

In particolare, lo studio ha calcolato che il rischio di sviluppare episodi depressivi in corso è 1,85 volte più alto nelle persone con carenza di vitamina D. Questa correlazione è risultata statisticamente significativa anche dopo aver controllato vari fattori confondenti come età, sesso, etnia e status socioeconomico.

È interessante notare come la prevalenza della carenza di vitamina D sia risultata più elevata in specifici gruppi demografici: donne, persone di etnia afroamericana, individui che vivono sotto la soglia di povertà, persone che non assumono integratori, residenti nelle regioni meridionali e occidentali e in aree urbane, persone con indice di massa corporea più elevato e, naturalmente, persone con depressione in corso.

Depressione post-partum

La depressione post-partum (PPD) colpisce circa il 10-15% delle donne dopo il parto e può avere effetti negativi significativi sia sulla madre che sul neonato. Recenti studi prospettici hanno esaminato la possibile associazione tra PPD e livelli sierici di 25-idrossivitamina D3 (25(OH)D3) durante la gravidanza.

Uno studio particolarmente rilevante ha monitorato 687 donne in gravidanza, escludendo quelle con fattori di rischio noti per la PPD per meglio valutare l’effetto specifico dei livelli di vitamina D. I livelli di 25(OH)D3 sono stati misurati a metà gravidanza (tra la 24ª e la 28ª settimana gestazionale) e la depressione post-partum è stata valutata utilizzando la Edinburgh Postnatal Depression Scale (EPDS) a 1 settimana, 6 settimane e 6 mesi dopo il parto.

I risultati sono stati sorprendenti: l’11% del gruppo di studio presentava una grave carenza di vitamina D e il 40,3% una carenza lieve. La frequenza della PPD è risultata del 21,6% alla prima settimana, del 23,2% alla sesta settimana e del 23,7% al sesto mese.

È stata riscontrata una relazione significativa tra bassi livelli di 25(OH)D3 a metà gravidanza e punteggi EPDS elevati in tutti e tre i periodi di follow-up, indicando una correlazione negativa tra i livelli di vitamina D e la gravità dei sintomi depressivi post-partum.

Questi dati suggeriscono fortemente che la carenza di vitamina D durante la gravidanza possa rappresentare un fattore di rischio per lo sviluppo della depressione post-partum, aprendo nuove prospettive per interventi preventivi durante la gestazione.

Disturbi psicotici

La relazione tra carenza di vitamina D e disturbi psicotici sta emergendo come un’area di ricerca particolarmente promettente. Studi recenti hanno rivelato correlazioni sorprendenti tra bassi livelli di vitamina D e sintomi psicotici come allucinazioni, delirio e paranoia.

Analisi trasversali condotte su adolescenti con malattie mentali di età compresa tra 12 e 18 anni che necessitavano di ricovero ospedaliero o ospedalizzazione parziale hanno fornito risultati illuminanti. Su 104 pazienti valutati, ben il 72% presentava livelli insufficienti di vitamina D. Ciò che è ancora più significativo è che lo stato della vitamina D è risultato correlato alla gravità della malattia mentale: i soggetti con carenza di vitamina D avevano una probabilità 3,5 volte maggiore di manifestare allucinazioni, paranoia o deliri rispetto a quelli con livelli normali.

Questi risultati sono stati confermati da un secondo studio che ha analizzato i livelli di vitamina D in 20 pazienti con schizofrenia al primo episodio.

Una maggiore gravità dei sintomi negativi (appiattimento affettivo, ritiro emotivo, scarsa socializzazione, ritiro sociale, pensiero astratto e stereotipi impliciti) è risultata fortemente correlata a livelli più bassi di vitamina D.

È stato inoltre ipotizzato un legame tra carenza di vitamina D e schizofrenia. In uno studio prospettico su 3.182 bambini in Inghilterra, i ricercatori hanno misurato i livelli di vitamina D all’età di 9,8 anni e valutato le esperienze psicotiche a 12,8 anni. Le concentrazioni di vitamina D durante l’infanzia sono risultate associate a esperienze psicotiche durante la prima adolescenza, suggerendo una possibile associazione protettiva di concentrazioni più elevate di vitamina D contro la schizofrenia.

Declino cognitivo

La relazione tra vitamina D e funzioni cognitive è complessa e coinvolge diversi domini cognitivi. Le ricerche più recenti hanno evidenziato correlazioni significative tra carenza di vitamina D e compromissione cognitiva, in particolare per quanto riguarda la memoria episodica e la funzione esecutiva.

Una meta-analisi ha fornito prove che bassi livelli di vitamina D sono trasversalmente associati negli adulti a compromissione della memoria episodica e disfunzione esecutiva, in particolare nello shifting mentale, nell’aggiornamento delle informazioni e nella velocità di elaborazione. Quando i risultati sono stati ulteriormente analizzati con controlli e includendo i cofattori, la compromissione della memoria episodica non ha raggiunto la significatività statistica.

La correlazione tra bassi livelli di vitamina D e funzione esecutiva è risultata invece statisticamente molto positiva.

Gli individui con alti livelli di vitamina D, tenendo conto di tutti i cofattori e controlli, hanno mostrato una migliore funzione esecutiva, soprattutto nello shifting mentale, nell’aggiornamento delle informazioni e nella velocità di elaborazione, tutti elementi molto importanti per il ragionamento, il giudizio, il processo decisionale e il richiamo immediato (codifica).

Queste aree della funzione esecutiva dipendono dai circuiti fronto-sottocorticali, e qualsiasi lesione in queste aree, incluse quelle vascolari, porta a una compromissione della funzione esecutiva. È stato suggerito che i bassi livelli di vitamina D promuovano un aumento dell’ictus (lesioni della sostanza bianca) in queste aree, come riportato in molti studi di imaging.

Studi longitudinali hanno trovato che bassi livelli di vitamina D sono associati a un aumento del rischio di declino cognitivo e demenza. In particolare, uno studio ha rilevato che nelle persone con carenza di vitamina D moderata e grave, la memoria visiva diminuiva rispetto a quelle con livelli sufficienti.

Disturbo affettivo stagionale (SAD)

Il disturbo affettivo stagionale (SAD) è caratterizzato da episodi depressivi ricorrenti che seguono un pattern stagionale, manifestandosi principalmente durante i mesi invernali quando l’esposizione alla luce solare è ridotta. La vitamina D, spesso chiamata “vitamina del sole” perché prodotta dalla pelle in risposta all’esposizione solare, svolge un ruolo importante nel supportare la funzione cerebrale e la salute mentale.

Durante l’inverno, quando le ore di luce sono limitate e le temperature più fredde costringono le persone a rimanere al chiuso o più coperte, i livelli di vitamina D tendono a diminuire significativamente. Questa carenza coincide temporalmente con l’insorgenza dei sintomi del SAD, suggerendo una possibile correlazione.

Il SAD colpisce una parte significativa della popolazione, con una maggiore incidenza nei paesi nordici. Le donne sono significativamente più propense ad esserne colpite rispetto agli uomini, con un rapporto di circa 4:1.

Nonostante la plausibilità biologica di questa relazione, le evidenze scientifiche sull’efficacia della supplementazione di vitamina D nel trattamento del SAD sono ancora contrastanti:

  • Alcuni studi hanno riscontrato che nei casi lievi di depressione stagionale, l’integrazione di vitamina D può determinare miglioramenti nell’umore quotidiano, nella fatica e in altri sintomi.
  • Altre analisi hanno indicato che non ci sono cambiamenti significativi nelle concentrazioni di serotonina sierica dopo la supplementazione con vitamina D rispetto al gruppo non trattato, anche se in alcuni sottogruppi sono stati osservati trend positivi.
  • Diversi studi hanno evidenziato una forte associazione tra carenza di vitamina D e depressione in generale, ma le ricerche specifiche sul SAD restano ancora limitate e richiedono ulteriori approfondimenti.

Metodi per aumentare i livelli di vitamina D

La vitamina D è essenziale per la salute delle ossa, il funzionamento del sistema immunitario e il benessere generale. Esistono tre principali metodi per aumentare i livelli di questa importante vitamina nel nostro organismo: l’esposizione al sole, l’alimentazione e l’integrazione. Vediamo nel dettaglio ciascuno di questi approcci.

Fonti di Vitamina D

Esposizione al sole

L’esposizione alla luce solare rappresenta il metodo più naturale per ottenere vitamina D. Quando la nostra pelle viene esposta ai raggi ultravioletti B (UVB) del sole, si attiva un processo biochimico affascinante.

Il processo di sintesi

Quando i raggi UVB con lunghezze d’onda comprese tra 290 e 315 nm penetrano nella pelle, vengono assorbiti dal 7-deidrocolesterolo presente nell’epidermide. Questo composto subisce una trasformazione fotochimicamente indotta che porta alla formazione della previtamina D3. La radiazione solare provoca un riarrangiamento dei legami doppi della molecola, aprendo l’anello B e formando il seco-steroide previtamina D3.

Successivamente, la previtamina D3 subisce un’isomerizzazione termica spontanea, trasformandosi in vitamina D3 (colecalciferolo). È interessante notare che questo processo avviene principalmente nelle cellule vive dell’epidermide, motivo per cui la vitamina D3 rimane nella pelle anche dopo averla lavata con acqua e sapone subito dopo l’esposizione al sole.

Autoregolazione e sicurezza

Un aspetto affascinante della produzione cutanea di vitamina D è il suo meccanismo di autoregolazione. Durante l’esposizione al sole, dopo che la previtamina D3 viene prodotta, può assorbire ulteriori radiazioni UVB e isomerizzarsi in due fotoprodotti principali: lumisterolo3 e tachisterolo3. Questi composti non hanno effetti sul metabolismo del calcio.

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La pelle può convertire solo circa il 15% del 7-deidrocolesterolo in previtamina D3. Qualsiasi ulteriore esposizione porterà a un fotoequilibrio in cui la previtamina D3 si converte in lumisterolo3 e tachisterolo3, o ritorna al 7-deidrocolesterolo. Inoltre, quando la vitamina D3 viene prodotta dalla previtamina D3 nella pelle, se esposta alle radiazioni UVB solari, può trasformarsi in vari suprasteroli e 5,6-trans-vitamina D3.

Questo sofisticato sistema di autoregolazione garantisce che, indipendentemente dalla durata dell’esposizione al sole, non si verifichi un’intossicazione da vitamina D, poiché qualsiasi eccesso di previtamina D3 e vitamina D3 viene fotodegradato in prodotti privi di attività calcemica.

Linee guida per un’esposizione sicura

Per mantenere livelli sanguigni sani di vitamina D, è consigliabile esporsi al sole di mezzogiorno per un periodo compreso tra 4 e 15 minuti, diverse volte a settimana. Le persone con pelle più scura potrebbero aver bisogno di un’esposizione leggermente più lunga, poiché l’alta concentrazione di melanina riduce l’assorbimento dei raggi UVB necessari per la sintesi della vitamina D.

Diversi fattori possono influenzare la capacità di produrre vitamina D attraverso l’esposizione solare:

  • L’ora del giorno (i raggi UVB sono più forti a mezzogiorno)
  • Il colore della pelle
  • La distanza dall’equatore (chi vive più lontano dall’equatore riceve raggi UV più deboli)
  • La quantità di pelle esposta
  • L’uso di protezione solare

È importante evitare scottature: dopo 10-30 minuti di esposizione senza protezione, è consigliabile applicare la crema solare, specialmente se si prevede di trascorrere molto tempo all’aperto. Gli esperti raccomandano di riapplicare la protezione solare ogni due-tre ore trascorse al sole, soprattutto in caso di sudorazione o bagni.

Durante i mesi invernali, le persone che vivono lontano dall’equatore potrebbero non essere in grado di produrre vitamina D dalla luce solare, rendendo necessaria l’integrazione o il consumo di alimenti ricchi di questa vitamina.

Alimentazione

Sebbene l’esposizione al sole sia il metodo più naturale per ottenere vitamina D, anche l’alimentazione può contribuire significativamente al fabbisogno giornaliero. Ecco gli alimenti più ricchi di questa vitamina:

Pesce grasso e frutti di mare

Il pesce grasso rappresenta una delle fonti alimentari più ricche di vitamina D:

  • Trota arcobaleno d’acqua dolce: 645 UI per porzione da 85 grammi
  • Salmone: 383-570 UI per porzione da 85 grammi (la quantità può variare in base al luogo di cattura)
  • Tonno in scatola: 231 UI per porzione da 85 grammi
  • Aringa: 182 UI per porzione da 85 grammi
  • Sardine in scatola: 164 UI per porzione da 85 grammi
  • Tilapia: 127 UI per porzione da 85 grammi
  • Sogliola: 118 UI per porzione da 85 grammi

Olio di fegato di merluzzo

L’olio di fegato di merluzzo è particolarmente ricco di vitamina D e rappresenta un’alternativa per chi non gradisce il pesce. È disponibile in forma liquida o in capsule.

Uova

Il tuorlo di un uovo grande (50 g) contiene vitamina D, sebbene in quantità inferiore rispetto al pesce grasso. La quantità di vitamina D nelle uova può essere aumentata aggiungendo più vitamina D al mangime delle galline, esponendo le galline alla luce UVB o esponendo direttamente il tuorlo d’uovo ai raggi UVB. Scegliere uova da galline allevate all’aperto o commercializzate come ricche di vitamina D può essere un ottimo modo per soddisfare il fabbisogno quotidiano.

Funghi

Alcuni funghi possono contenere quantità significative di vitamina D, soprattutto se esposti alla luce ultravioletta. I funghi crudi di varie specie possono fornire da 0 a 1.110 UI per tazza, a seconda del trattamento ricevuto. Alcuni funghi disponibili sul mercato sono stati trattati con luce UV per aumentare i loro livelli di vitamina D.

Tabella: Alimenti naturalmente ricchi di Vitamina D

AlimentoContenuto di vitamina D per 100g% del fabbisogno giornaliero
Salmone selvaggio600-1000 UI100-167%
Trota arcobaleno d’acqua dolce759 UI127%
Sgombro400-600 UI67-100%
Aringa214 UI36%
Tonno in scatola272 UI45%
Sardine in scatola193 UI32%
Tilapia149 UI25%
Sogliola139 UI23%
Funghi esposti ai raggi UV400-700 UI67-117%
Olio di fegato di merluzzo450-500 UI75-83%
Tuorlo d’uovo20-40 UI3-7%
Formaggio svizzero20 UI3%
Fegato di manzo50 UI8%

Nota: Il fabbisogno giornaliero è calcolato su una base di 600 UI, che è la dose giornaliera raccomandata per adulti fino a 70 anni. I valori sono stati normalizzati per 100g per facilitare il confronto tra i diversi alimenti.

Alimenti fortificati

Molti alimenti vengono fortificati con vitamina D per aiutare a soddisfare il fabbisogno quotidiano:

  • Latte vaccino: negli Stati Uniti, una tazza di latte fortificato contiene circa 115-117 UI
  • Latte di soia: una tazza di latte di soia non zuccherato contiene circa 119 UI
  • Succo d’arancia: una tazza (249 g) di succo d’arancia fortificato contiene circa 100 UI
  • Bevanda di mandorle non zuccherata fortificata: 107 UI per tazza
  • Bevanda di riso non zuccherata fortificata: 101 UI per tazza
  • Yogurt e kefir: lo yogurt naturale magro (8 once) contiene circa 116 UI, mentre una tazza di kefir naturale a basso contenuto di grassi fornisce circa 100 UI
  • Formaggio americano a basso contenuto di grassi o senza grassi, fortificato: 85 UI per 42 grammi

Integratori

Quando l’esposizione al sole e l’alimentazione non sono sufficienti per mantenere livelli adeguati di vitamina D, gli integratori possono rappresentare una soluzione efficace.

Tipi di integratori disponibili

La vitamina D è disponibile in due forme principali:

  1. Vitamina D2 (ergocalciferolo): Deriva principalmente da fonti vegetali e alimenti fortificati. È spesso utilizzata negli integratori prescritti.
  2. Vitamina D3 (colecalciferolo): Proviene da fonti animali come pesce grasso, fegato, tuorlo d’uovo e burro. È la stessa forma prodotta dalla pelle quando esposta al sole. Gli studi suggeriscono che la vitamina D3 sia più efficace nell’aumentare i livelli sierici di vitamina D rispetto alla D2.

Poiché la vitamina D è liposolubile, è preferibile scegliere integratori a base di olio o assumerli con alimenti contenenti grassi per migliorarne l’assorbimento.

Dosaggi raccomandati

Le raccomandazioni attuali suggeriscono di consumare 400-800 UI (10-20 mcg) di vitamina D al giorno. Tuttavia, le persone che necessitano di più vitamina D possono assumere in sicurezza 1.000-4.000 UI (25-100 mcg) al giorno.

Tabella: Dosaggi raccomandati per diverse fasce d’età

Fascia d’etàDosaggio giornaliero raccomandatoNote
Neonati (0-12 mesi)400 UIPrevenzione del rachitismo
Bambini (1-18 anni)600 UISupporto alla crescita ossea
Adulti (19-70 anni)600-800 UIMantenimento della salute
Anziani (>70 anni)800-1000 UIPrevenzione di cadute e fratture
Donne in gravidanza600-800 UISupporto allo sviluppo fetale

I fabbisogni individuali possono variare in base a diversi fattori:

  • Età (gli anziani hanno bisogno di dosi maggiori)
  • Colore della pelle (le persone con pelle più scura potrebbero richiedere dosi più elevate)
  • Distanza dall’equatore
  • Condizioni mediche preesistenti
  • Capacità di assorbire i grassi

È sempre consigliabile consultare un medico per determinare il dosaggio più appropriato in base alle proprie esigenze specifiche.

Potenziali effetti collaterali

L’assunzione di dosi eccessive di vitamina D per lunghi periodi può portare a tossicità, con conseguenti effetti collaterali anche gravi.

La tossicità da vitamina D si verifica quando la concentrazione di vitamina D nel sangue supera i 150 ng/ml (375 nmol/l).

Poiché la vitamina D viene immagazzinata nel tessuto adiposo e rilasciata lentamente nel sangue, gli effetti della tossicità possono persistere per mesi dopo l’interruzione dell’integratore.

I principali effetti collaterali dell’eccesso di vitamina D includono:

  1. Livelli elevati di calcio nel sangue: La vitamina D aiuta l’organismo ad assorbire il calcio dagli alimenti. Un eccesso può portare a livelli pericolosamente alti di calcio nel sangue, causando sintomi come problemi digestivi (vomito, nausea e dolori di stomaco), affaticamento, vertigini, confusione, aumento della sete e minzione frequente.
  2. Nausea, vomito e perdita di appetito: Questi sintomi sono spesso correlati ai livelli elevati di calcio nel sangue e non si manifestano in tutti i soggetti con ipercalcemia.
  3. Dolori addominali, stitichezza o diarrea: Questi disturbi digestivi possono essere segni di livelli elevati di calcio causati dalla tossicità da vitamina D.
  4. Osteoporosi: Sebbene l’integrazione adeguata di vitamina D sia essenziale per mantenere ossa forti, dosi eccessive possono influire negativamente sulla salute ossea. Alcuni ricercatori suggeriscono che dosi elevate di vitamina D possano ridurre i livelli di vitamina K2 nel sangue, compromettendo la sua funzione di mantenere il calcio nelle ossa e rimuoverlo dal sangue.
  5. Disidratazione estrema, pressione alta, crescita rallentata, difficoltà respiratorie, perdite temporanee di coscienza, insufficienza cardiaca o infarto, calcoli renali o insufficienza renale, perdita dell’udito, acufene, pancreatite e ulcere gastriche: Questi sintomi possono manifestarsi in caso di tossicità grave o cronica da vitamina D.

È importante sottolineare che la tossicità è rara e generalmente si verifica solo in individui che assumono dosi elevate e a lungo termine di integratori senza monitorare i livelli ematici. Si potrebbe anche assumere accidentalmente troppa vitamina D prendendo dosi molto più elevate di quelle indicate sull’etichetta.

In conclusione, per mantenere livelli ottimali di vitamina D è consigliabile adottare un approccio combinato che includa una moderata esposizione al sole, un’alimentazione ricca di cibi contenenti naturalmente vitamina D o fortificati, e, se necessario, l’assunzione di integratori sotto supervisione medica. Questo approccio equilibrato garantirà i benefici della vitamina D minimizzando i potenziali rischi.

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4 Commenti
    • La ringrazio Mario

      la invito a continuare a leggerci e a contribuire con domande o testimonianze.

      Cordiali saltuti

      Federico Baranzini

  • Ciao, consiglierebbe un integratore di vitamina D che contiene anche griffonia per migliorare l’umore? ho sentito parlare di questa pianta ma non ne so ancora molto. grazie, a presto

    • Gentile Antonella Maria,

      La vitamina D è fondamentale per la salute delle ossa e del sistema immunitario, e può anche influenzare positivamente l’umore. La griffonia, una pianta tropicale contenente 5-HTP, aumenta i livelli di serotonina, migliorando l’umore, il sonno e controllando l’appetito.

      L’idea di combinare vitamina D e griffonia può essere utile per chi cerca di migliorare l’umore. Tuttavia, è importante consultare un medico prima di iniziare qualsiasi integratore per assicurarsi che sia adatto a lei e non interferisca con altri farmaci o condizioni. Inoltre, è essenziale seguire le indicazioni sul dosaggio e scegliere prodotti di qualità.

      Cordiali saluti
      Federico Baranzini

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