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La pratica della contenzione farmacologica dello stato di agitazione o aggressività di un paziente anziano (oggi considerato tale dai 75 anni di età) o grande anziano (>85 anni) è purtroppo in certi casi inevitabile. Nelle strutture di ricovero nosocomiali o assistenziali come le case di riposo si fa un largo utilizzo di psicofarmaci a tale scopo e non solo. Vediamo le caratteristiche di impiego ed eleggibilità dei principali farmaci impiegati.

Farmaci antidepressivi per la contenzione farmacologica dell’anziano

Gli antidepressivi triciclici, farmaci efficacissimi, non sono quasi più utilizzati nei pazienti anziani: la riduzione della trasmissione colinergica legata all’età, rende il paziente anziano particolarmente vulnerabile agli effetti anticolinergici, sia periferici sia centrali (con disturbi cognitivi, ritenzione urinaria, disturbi della visione, stipsi, tachicardia, secchezza delle fauci); ad essi si aggiungono l’ipotensione ortostatica (con il rischio di cadute e conseguenti fratture ossee), i tremori e la riduzione della soglia convulsiva, creando rilevanti problemi di tolleranza fin dai primi giorni di terapia. Questi farmaci presentano inoltre un elevato rischio di letalità se ingeriti in overdose con finalità suicidarie. Evento che, nelle depressioni senili, occorre sempre considerare e prevenire per quanto possibile. Tra i triciclici, il più tollerato nell’età anziana è la nortriptilina, che presenta il più basso indice anticolinegico e il più basso rischio di ipotensione ortostatica.

Naturalmente anche gli SSRI, come tutti i farmaci, possono dare effetti collaterali. I più comuni sono rappresentati da nausea, gastralgie, insonnia, irritabilità. Con maggiore atten- zione vanno considerati i disturbi della sfera sessuale (caduta della libido e anorgasmia), l’iponatremia (Sindrome del- l’inappropriata secrezione dell’ormone antidiuretico) e la riduzione dell’aggregazione piastrinica, che impongono un controllo clinico costante nel corso della somministrazione. A questo riguardo, durante il trattamento con SSRI, occorre evitare la somministrazione contemporanea e prolungata di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) e valutare con attenzione la possibile concomitanza di terapie con antiaggreganti piastrinici, assai frequente in vecchiaia.

Sono molto efficaci anche gli antidepressivi a doppia azione, sia serotoninergica sia noradrenergica, come la venlafa- xina, la duloxetina (inibitori selettivi della ricaptazione del- la serotonina e della noradrenalina [SNRI]) e la mirtazapina (antidepressivi specifici serotoninergici e noradrenergici [NaSSA]). Quest’ultima ha un’azione inizialmente sedativa e può dare ipotensione e aumento ponderale. Venlafaxina e duloxetina, oltre agli effetti collaterali riferibili alla serotonina che abbiamo già ricordato, possono dare ad alti dosaggi, in individui predisposti, un innalzamento della pressione arteriosa. La venlafaxina è disponibile in preparazioni a rilascio prolungato, che nell’età anziana determinano una migliore tolleranza del prodotto.

FarmacoDose iniziale nell’anzianoRange terapeutico
Citalopram510-30
Escitalopram2,510-20
Fluoxetina55-20
Fluvoxamina2550-100
Paroxetina510-30
Sertralina2550-150
Mirtazapina1515-30
Reboxetina22-4
Venlafaxina18,7575-150
Duloxetina3060-90

 

Avvertenze e precauzioni nell’anziano demente

La posologia va commisurata alle condizioni generali del paziente e alla presenza di un’eventuale poliprescrizione farmacologica. Quindi i valori standard rappresentati nella Tabella  vanno adattati al singolo caso.

Di grande importanza sono le modalità di somministrazione. È indispensabile partire con dosaggi molto bassi e incrementarli lentamente per evitare effetti da up-regulation recettoriale. Un’intensa sedazione o uno stato di agitazione iatrogeni nei primissimi giorni di cura possono determina- re il rifiuto delle terapie farmacologiche o, comunque, una significativa riduzione della compliance. Del resto non c’è alcuna fretta di raggiungere un dosaggio terapeutico ottimale, perché questi farmaci non agiscono prima del completamento di un periodo di latenza farmacologica che è di circa 4-6 settimane. Forzare precocemente la somministrazione provoca solamente la rapida comparsa di effetti collaterali. Molto utili, nei casi in cui sia difficile il fraziona- mento iniziale della dose, le preparazioni in gocce.

Altrettanto importante è operare per favorire la compliance da parte del paziente. Se non vi sono familiari che controllino l’assunzione dei farmaci, occorre effettuare la prescrizione nel modo più semplice possibile e, preferibilmente, in mono somministrazione.

Una notazione va fatta sull’importanza delle interazioni di tipo farmacocinetico nel corso di trattamenti farmacologici con antidepressivi. Tra queste abbiamo preso in considerazione quelle connesse al sistema enzimatico del citocromo P-450, la famiglia di isoenzimi microsomiali epatici responsabile di gran parte del metabolismo ossi- dativo degli psicofarmaci. L’attività di questi enzimi viene aumentata da sostanze induttrici e diminuita da sostanze inibitrici. Senza entrare nel complesso dettaglio delle inte- razioni di ciascun farmaco con le diverse isoforme del CYP- 450, in caso di politerapie con farmaci particolarmente interagenti è opportuno privilegiare gli antidepressivi con minor grado di inibizione su questo sistema enzimatico, ossia citalopram, sertralina ed escitalopram

Indicazioni all’uso di antipsicotici nella gestione della contenzione farmacologica del malato demente

  1. Valutare attentamente il disturbo da trattare. Nei malati di demenza, infatti, non tutti i disturbi del comportamento richiedono un trattamento con antipsicotici. Tale trattamento deve essere, infatti, riservato al controllo dei disturbi comportamentali gravi che non abbiano risposto all’intervento non farmacologico (modifiche ambientali, counseling, ecc.)
  2. Iniziare la terapia con una dose bassa e raggiungere gradualmente il dosaggio clinicamente efficace.
  3. Se il trattamento è inefficace, sospendere gradualmente il farmaco e prendere eventualmente in considerazione un diverso composto.
  4. Se il trattamento è efficace, continuare a trattare e monitorare il soggetto per un periodo 1/3 mesi e poi, una volta che il soggetto sia asintomatico, tentare di sospendere gradualmente il farmaco. Gli alti tassi di risposta al placebo in tutte le sperimentazioni effettuate (mediamente attorno al 40%) ci ricordano infatti che siamo in presenza di sintomi per loro natura fluttuanti nel tempo e che tendono a risolversi spontaneamente nel breve periodo.
  5. Cercare di evitare di somministrare due o più antipsicotici contemporaneamente. Questa pratica che dovrebbe essere eccezionale: solo in casi selezionati clinicamente e per tempi brevissimi.
  6. Cercare di evitare l’uso concomitante di antipsicotici e benzodiazepine.
  7. Monitorare attentamente sicurezza ed efficacia degli antipsicotici e segnalare tempestivamente tutti gli effetti indesiderati.
  8. Somministrare con estrema cautela gli antipsicotici a soggetti con fattori di rischio cardiovascolare dopo attenta valutazione dello stato clinico e con rivalutazione dei parametri vitali a distanza di una settimana dall’inizio della terapia.

Antipsicotici nella contenzione farmacologica

I neurolettici tipici più utilizzati sono: la clorpromazina (Largactil, Prozin), la levomepromazina (Nozinan), la promazina (Talofen), la clotiapina (Entumin), l’aloperidolo (Serenase, Haldol), la pimozide (Orap), la sulpiride (Championyl, Dobren, Equilid), la levosulpiride (Levopraid) e l’amisulpiride (Sulamid, Deniban, Soliad).

Gli effetti collaterali in corso di terapia con neurolettici (soprattutto tipici) sono relativamente frequenti: parkinsonismo; distonia acuta o crisi neurodislettica; discinesia tardiva; rabbit sindrome, caratterizzata da tremore periorale; acatisia, che rende difficile o impossibile il mantenimento di una posizione di riposo; stipsi; ritenzione urinaria; aumento della pressione intraoculare; amenorrea, galattorrea, ginecomastia; riduzione della libido; aumento di peso; turbe del ritmo cardiaco; ipotensione ortostatica.

Per evitare tutta questa serie di effetti collaterali degli antipsicotici tipici, tanto frequenti nella popolazione anziana, è indispensabile usare dosi molto basse, salendo lentamente e gradualmente con il dosaggio, anche se ciò potrebbe comportare la scarsa efficacia iniziale del farmaco sul sintomo da trattare. Soprattutto i pazienti con demenza a corpi di Lewy hanno mostrato una particolare sensibilità ai neurolettici, sia ai tipici che agli atipici, in particolar modo al risperidone, con effetti collaterali spesso molto gravi, come la sindrome maligna da neurolettici

I neurolettici atipici, indicazioni

Olanzapina: schizofrenia, episodio di mania da moderato a grave, anche nel disturbo bipolare. Indicazioni in scheda tecnica: Trattamento della schizofrenia. Nei pazienti che hanno dimostrato risposta positiva al trattamento iniziale, il proseguimento della terapia con olanzapina consente di mantenere il miglioramento clinico. Trattamento dell’episodio di mania da moderato a grave. Nei pazienti in cui l’episodio maniacale ha risposto al trattamento con olanzapina, l’olanzapina è indicata per la prevenzione dei nuovi episodi di malattia in pazienti con disturbo bipolare).

Quetiapina: psicosi acute e croniche, schizofrenia, episodi di mania associati a disturbo bipolare.

Risperidone: psicosi schizofreniche acute e croniche, trattamento dell’ episodio di mania nel disturbo bipolare. Migliora i sintomi affettivi associati alla schizofrenia.

Indicazioni in scheda tecnica: Trattamento della schizofrenia. Trattamento di episodi di mania da moderati a gravi associati a disturbi bipolari. Trattamento a breve termine (fino a 6 settimane) dell’aggressività persistente in pazienti con demenza di Alzheimer di grado da moderato a grave che non rispondono ad approcci non farmacologici, e quando esiste un rischio di nuocere a se stessi o agli altri. È il farmaco antipsicotico di cui si dispone del più vasto database di studi in doppio cieco che ne supportano l’efficacia. Da tale fonte il risperidone risulta efficace nel controllare aggressività, agitazione, sintomi psicotici, in vari tipi di demenza a fronte di una buona tollerabilità con scarsa interferenza sulla funzionalità dei pazienti nelle funzioni quotidiane.

Conclusioni

Qualora si renda necessaria la contenzione farmacologica o quella fisica è importante cercare di realizzare un contenimento psicologico, rimanendo il più possibile a fianco dell’utente e accompagnandolo nel suo lungo cammino assistenziale: ciò spesso si traduce nella capacità dell’equipe curante di disinnescare ogni possibile circuito di aggressività e permette di ridurre i tempi della contenzione.

Bibliografia

  1. http://struttureassi.aslmi1.mi.it/struttureassi/Sint_Comportam_Psicologici_Demenza.pdf
  2. http://www.sigg.it/public/doc/GIORNALEART/1052.pdf
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