Depressione e demenza sono sindromi psichiatriche che presentano un’incidenza più frequente sull’anziano e possono anche coesistere, causa questa di una possibile difficoltà nella diagnosi.
Esistono infatti sindromi miste cognitive e depressive, scoperte a partire da studi sul morbo di Alzheimer (da ora in avanti indicato con la sigla “AD”). Si parla di una vera e propria incidenza di disturbi (demenza e depressione) che si abbatte sulla popolazione anziana. Aumentando l’età, viene ad aumentare la possibilità di entrambe demenza e depressione. I dati scientifici confermano che la depressione (grave) è riscontrata per il 15% in soggetti affetti da AD e 25% in quelli affetti da demenza vascolare. Percentuali più alte invece quelle riferite a una depressione di carattere più lieve.
Mentre è possibile assistere a casi di compromissione cognitiva non degenerativa legata alla depressione, la così detta Pseudodemenza termine storico con il quale si è soliti identificare un quadro di Depressione con importante compromissione congitiva tale da assomigliare per presentazione ad una demenza vera e propria, qui vogliamo concentrarci nel trattare primariamente di manifestazione depressiva degenerativa legata a demenza neurodegenerativa.
Generalmente il paziente affetto da demenza e comorbilità con depressione presenta sintomi neurovegetativi, di ritiro sociale, perdita di interesse, ideazione di colpa e di morte, lamentosità e ansia ed in fase avanzata potrebbe presentare anche deliri e aggressività: ne è prova il fatto che pazienti affetti da AD si commiserano più facilmente di pazienti semplicementi depressi.
In questo senso sono due le sottocategorie principali che per semplicità definiamo come segue: 1) dalla depressione alla demenza; 2) dalla demenza alla depressione.
Dalla Depressione alla Demenza o Pseudodemenza
All’interno del primo caso, si può essere in presenza di demenza reversibile in quanto molti pazienti anziani depressi tendono a sviluppare una demenza che però può attenuarsi una volta curata la depressione. In questo caso si parla di pseudo-demenza (termine coniato da Kiloh) dal momento che la demenza non è reale in quanto i disturbi apparentemente neurologici (compromissione della memoria per esempio) sono causati dallo stato depressivo stesso del malato. Se, una volta gestita la depressione, il paziente non dovesse riaversi dalla demenza si parla di demenza irreversibile e in quel caso siamo all’interno del secondo casi di cui sopra.
Si può parlare di Depressione Vascolare quando è stato accertato in alcuni pazienti affetti da patologie vascolari l’insorgere di depressione e di conseguenza una compromissione cognitiva globale, un deficit della memoria operativa e dell’attenzione fino a un rallentamento psicomotorio e disabilità. In presenza di depressione esecutiva si assiste ad un rallentamento psicomotorio e perdita di interesse per le attività con conseguente incapacità di gestione della propria vita quotidiana causata da lesioni a carattere cerebrale.
Dalla Demenza alla Depressione in Comorbilità
Per ciò che concerne invece il secondo caso è bene sottolineare quanto sia difficile rilevarne gli aspetti clinici nell’accertamento di depressione nell’anziano: in generale la depressione tardiva si abbatte su un bacino che comprende soggetti anziani che presentano malattive neurologiche degenerative. Infatti molte patologie del sistema nervoso centrale si associano ad un aumento del fattore depressivo. Si osservano per esempio sbalzi di umore in affetti da Parkinson e AD.
Le ipotesi portate avanti dagli specialisti del settore sono le seguenti:
1) Riguardo al primo caso la depressione risulta la causa della demenza. I fattori depressivi causerebbero infatti reazioni ormonali tali da portare lentamente alla demenza;
2) Relativamente al secondo caso, la depressione sarebbe una manifestazione precoce della demenza oppure una reazione precoce al declino cognitivo. Il paziente, rendendosi conto del declino cognitivo in cui sta precipitando, svilupperebbe la depressione. Siamo qui all’interno del caso 2: la depressione risulta l’effetto della demenza, anche qualora si manifesti preventivamente.
Sintomi comuni
Sia nel primo che nel secondo caso siamo di fronte a ciò che viene chiamata eziopatogenesi comune tra depressione e demenza ossia: le due sembrano influenzarsi vicendevolmente, trovando ed alimentando l’una nell’altra le proprie cause. Anche per lo specialista è spesso difficile comprendere se si tratti di caso 1 o caso 2 in quanto i sintomi spesso sono coincidenti: rallentamento psicomotorio, labilità emozionale o incapacità di espressione delle emozioni, insonnia, pianto, perdita di peso, pessimismo.
Sono frequenti le situazioni di sovrapposizione di quadri (ossia caso 1 e caso 2 non distinguibili), per cui è stata avanzata dai professionisti una ipotesi, cioè che demenza e depressione abbiano fattori di rischio comuni, anche se per il momento le indagini genetiche non forniscono elementi probanti al riguardo.
Substrato biochimico comune
Il quadro come si vede è ben complesso e viene a completarsi se aggiungiamo un ulteriore elemento che è rappresentato dalla presenza di BDNF ossia di una neurotrofina che ha forti relazioni con l’ippocampo e con tutto il sistema “memoria”. Quest elemento viene ad introdurre un’ulteriore ipotesi ossia che vi possa essere un continuum tra depressione e demenza. E’ stato infatti riscontrato un aumento inziale di BDNF in pazienti affetti da AD (o comunque da demenza) con una diminuzione successiva, mentre si rilevano bassi livelli di BDNF in soggetti affetti da depressione. Questo avvalorerebbe l’ipotesi di un continuum tra depressione e demenza, legato agli sbalzi (ciclici o meno) della neurotrofina: all’aumento di BDNF si svilupperebbe la demenza, seguita da una diminuzione di BDNF nella quale subentrerebbe un fenomeno depressivo.
Molto c’è ancora da fare nel campo della prevenzione dal momento che anziani affetti da depressione non presentano soglie tali da richiedere un intervento farmaceutico, cosa però che potrebbe rivelarsi pericolosa se i sintomi della depressione degenerassero poi in una demenza vera e propria. E’ bene pertanto trattare ogni caso separatamente e con l’attenzione adeguata, evitando il rischio di sottovalutare un fenomeno depressivo. E’ infatti proprio negli stadi iniziali della malattia che si può presentare maggiore difficoltà a distinguere tra pazienti semplicemente depressi oppure depressi e dementi (con seguente rischio di fraintendimento da parte del medico stesso), mentre col tempo il quadro clinico viene a specificarsi in modo molto più evidente: è esattamente per questo che è sempre bene giocare d’anticipo.
Diagnosi e trattamento
Per una diagnosi corretta è pertanto vivamente consigliato tener presente la situazione clinica del paziente, avendola monitorata negli anni e gestita in modo continuativo e completo. Riportiamo di sotto i sintomi utili per diagnosticare la presenza di depressione in AD:
- Nella fase precoce: tristezza, anedonia, perdita di stima e speranza, lametosità e ansia.
- Nella fase avanzata: tristezza, rifiuto, agitazione, espressioni verbali di disagio e grida.
- Non sono invece particolarmente significativi né sufficienti sintomi quali: apatia, labilità emotiva e sintomi vegetativi.
Un suggeriento utile per la prevenzione del problema è costituito da un approccio integrato: antidepressivo (i migliori sembrano essere gli SSRI in quanto maggiormente tollerabili nel paziente anziano) più vitamina E e anticolinesterasico.
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