Un gruppo di pazienti donne affette da depressione severa ha mostrato segni di miglioramento dopo una terapia volta a combattere la carenza da vitamina D, aprendo una nuova via alla ricerca per il trattamento della depressione.
Riconosciuta da qualche anno come malattia vera e propria, la cosiddetta “depressione invernale” nota anche come SAD comporta l’insorgenza di uno stato depressivo nel paziente con l’arrivo della brutta stagione e, quindi, con una diminuzione drastica dell’esposizione alla luce del sole.
L’importanza dell’esposizione al sole per una corretta assunzione di vitamina D è ormai nota da tempo creando così un legame tra l’insorgenza della depressione e la mancanza di questa classe vitaminica.
Durante il 94esimo raduno della Endocrinology Society che si è tenuto il 30 giugno nella città di Houston, è stato presentato uno studio che mostra come queste affermazioni possano essere legate tra di loro in maniera ancora più assoluta, offrendo una soluzione efficace non solo ai pazienti – e ancor più alle pazienti – affetti dalla cosiddetta “depressione invernale” ma anche a quanti e a quante soffrono di depressione a livello generale.
La ricerca in questione si è occupata di trattare la carenza da vitamina D in alcune pazienti al tempo stesso affette da depressione: durante lo studio la somministrazione di antidepressivi non è stata modificata.
Il risultato della ricerca è stato chiaro: il trattamento per la carenza da vitamina D ha apportato dei benefici allo stato depressivo delle pazienti, benefici indipendenti dall’assunzione dei farmaci antidepressivi.
Questi risultati potrebbero quindi aprire una serie di ricerche volte a dimostrare come la vitamina D incide sull’umore, fornendo così delle alternative valide ed efficaci per il trattamento della depressione.
Le trenta pazienti che hanno partecipato allo studio in questione avevano ricevuto una diagnosi di depressione severa in una fascia d’età tra i 42 e i 66 anni e, oltre a seguire un trattamento a base di farmaci antidepressivi erano in cura per diabete di tipo 2 o ipotiroidismo.
Le pazienti hanno dichiarato prima di iniziare lo studio di essere affette da una carenza di vitamina D e di non esporsi a sufficienza alla luce del sole, un semplice accorgimento che facilita la sintesi della vitamina D tramite la pelle. Per confermare queste dichiarazioni, le pazienti si sono sottoposte ad un esame del sangue per verificare il livello di vitamina D, esame che ha confermato le loro dichiarazioni dal momento che il quantitativo per ciascuna andava dagli 8.9 ai 14.5 nanogrammi per millilitro, ben al di sotto dei 21 ng/mL che segnano la soglia limite della carenza da vitamina D.
Al termine di un periodo dalle 8 alle 12 settimane, durante le quali le tre pazienti hanno assunto un integratore di vitamina D per via orale, il loro livello è tornato normale raggiungendo dai 32 ai 38 ng/mL, quindi al di sopra dei 30 ng/mL giudicati come livello standard.
Per verificare lo stato della loro depressione, alle pazienti è stato poi chiesto di compilare l’inventario Beck della depressione, un questionario che si compone di 21 domande utilizzato tra i vari metodi di classificazione della depressione.
Il confronto tra i due risultati ottenuti dalle pazienti nel compilare il questionario prima e dopo lo studio ha mostrato come la semplice assunzione di vitamina D abbia influito sul loro stato d’animo e sulla stessa depressione.
Se, infatti, inizialmente i loro livelli si attestavano tra i 21 e i 32 punti, facendole rientrare all’interno delle fasce di depressione moderate e severa, una volta terminato lo studio i livelli registrati dall’inventario Beck della depressione sono passati alle fasce più lievi della depressione in tutti e trenta i casi.
Alla luce anche di altri studi effettuati in merito all’influenza della vitamina D sull’umore delle persone e in particolare sui livelli di depressione, i risultati di questa ricerca saranno ora utilizzati per eseguire ulteriori studi e trovare dei trattamenti che sfruttino proprio la vitamina D per combattere lo stato depressivo.
Fonte: endo-society.org
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