L’ansia è il sintomo principale dei disturbi d’ansia negli anziani ed è un’esperienza affettiva universalmente condivisa dell’esistenza umana. Raggiunge spesso livelli di intensità e frequenza tali da determinare un profondo disagio soggettivo e da configurare un preciso disturbo psicopatologico. E’ un sintomo comune nell’età anziana: in questa popolazione si hanno, infatti, con alta frequenza, fattori psicosociali capaci di indurre stati di preoccupazione come cattiva salute, problemi economici, isolamento sociale, riduzione delle capacità fisiche e cognitive, incertezza del futuro fino a idee di morte.
Lo psicogeriatra deve essere in grado di interpretare uno stato d’ansia nel contesto psicosociale in cui si verifica, in modo da determinare se questa condizione possa essere considerata nella norma o oltre il limite della patologia.
L’ansia che insorge in età anziana ha delle caratteristiche specifiche ed è legata a preoccupazioni tipiche della popolazione anziana: esse possono riguardare l’insorgenza di malattie, la percezione del proprio deterioramento, una scarsa sicurezza finanziaria, l’isolamento sociale e così via
Ansia fisiologica normale e patologica
E’ possibile distinguere uno stato d’ansia fisiologica da una condizione d’ansia patologica. Il termine ansia fisiologica o normale si riferisce a uno stato di apprensione e di “tensione psichica” che si verifica di fronte a un’esperienza con significato di segnale d’allarme, avvertita come pericolosa e minacciosa, e che determina una mobilizzazione e un potenziamento delle capacità operative personali allo scopo di utilizzare la migliore strategia di gestione possibile. Il termine ansia patologica o angoscia si riferisce, invece, a una condizione nella quale la reazione di attivazione conseguente a uno stimolo è quantitativamente esagerata, viene perduto il finalismo, diminuisce l’efficacia delle prestazioni, con conseguente incapacità ad affrontare la minaccia. Appare determinante, in quest’ultimo caso, la sproporzione esistente tra le proprie capacità di risposta e l’entità dello stimolo che si deve affrontare.
Nell’uomo l’esperienza di minaccia e pericolo non trova come unica fonte il mondo esterno, ma anche e soprattutto un mondo interno popolato di rappresentazioni, conflitti, fantasie e ricordi che possono amplificare l’intensità della stimolazione o sostituirsi completamente ad essa producendo ansia o angoscia. E’ spesso difficile discriminare oggettivamente l’ansia normale da quella patologica poiché tale confine presenta un’estrema variabilità inter-individuale e intra-individuale nelle varie circostanze della vita.
I più comuni Disturbi d’Ansia negli Anziani
Le sindromi nevrotiche, legate allo stress e quelle somatoformi sono state riunite in un ampio gruppo per i loro tradizionali legami e per l’associazione di esse con lo stress psicologico. Classicamente si comprendono tra le sindromi nevrotiche: le sindromi fobiche (agorafobia, fobie sociali, fobie specifiche), la sindrome ossessivo-compulsiva, le reazioni a gravi stress e sindromi da disadattamento (sindrome post-traumatica da stress, reazione acuta da stress, sindromi somatoformi) e altre sindromi ansiose tra cui le sindromi da attacchi di panico e la sindrome ansioso generalizzata.
Nell’anziano sono di più frequente riscontro le sindromi fobiche, la sindrome d’ansia generalizzata e la sindrome ossessivo-compulsiva. La sintomatologia può insorgere ex novo in tarda età, può essere già presente o può rappresentare l’esacerbazione di uno stato di disagio che non aveva ancora incontrato i criteri sufficienti per la diagnosi di sindrome d’ansia: i sintomi d’ansia insorti per la prima volta in età anziana di solito sono “sottosoglia”, ossia non facilmente definibili, pertanto spesso vengono sottostimati, anche se costituiscono certamente fonte di disagio e disabilità per il malato.
Fattori di Rischio e Cause
Gli anziani, tipicamente, presentano elevati livelli di stress ambientale, fisico e psicologico dovuti alla perdita della produttività economica, al peggioramento della salute e dello status professionale e alle perdite affettive (morte del coniuge, degli amici, dei parenti). Non sorprende, quindi, che rispetto a tutte le altre classi di psicopatologie, i disturbi d’ansia negli anziani abbiano una prevalenza maggiore.
Specifici fattori di rischio per lo sviluppo dell’ansia in età avanzata sono:
- sesso femminile,
- divorzio o vedovanza,
- reddito basso,
- pressione alta,
- complicazioni cardiache o gastrointestinali
Gli stessi dati epidemiologici sono molto discordanti : un paziente può presentare una serie di sintomi ansiosi anche senza raggiungere il numero minimo di criteri diagnostici specifici per questa sindrome. L’anziano stesso, spesso, scambia il sintomo dell’ansia con un sintomo fisico e la stessa eterogeneità della popolazione geriatrica contribuisce a rendere poco precisi i dati epidemiologici stessi. Nel complesso, tuttavia, viene generalmente accettato che il 10-20% degli anziani è affetto da ansia di rilievo clinico che potrebbe trarre beneficio da un trattamento.
Nell’eziologia dei disturbi d’ansia negli anziani entra in gioco, in modo preponderante rispetto alle altri fasi della vita, il fattore di ordine psicologico e psicodinamico. Pertanto di fronte a un paziente anziano ci si deve sempre domandare se i suoi sintomi e segni d’ansia possano venire o no attribuiti a eventi negativi della vita. Vanno così sempre indagati eventi stressanti passati e eventi critici del presente: uno stato di malattia del soggetto, la morte o la malattia del coniuge o di un familiare o l’istituzionalizzazione del paziente sono spesso fattori responsabili in questi soggetti di quadri di tipo ansioso.
Alcune malattie organiche possono essere associate all’ansia (in quanto causano sintomi simili) ma non devono essere considerate in sé causa di disturbi d’ansia negli anziani. Esse sono:
- ipoglicemia, feocromocitoma, ipertirodismo che producono tremore, tachicardia o ipereccitabilità;
- infarto miocardico silente, embolia polmonare, attacco ischemico transitorio o stroke di lieve entità, eccessiva assunzione di caffeina, simpaticomimetici contenuti in composti da banco e sindrome da sospensione di sedativi, ipnotici o alcol che causano paura, confusione, astenia, vertigini, difficoltà respiratorie e sudorazione.
E’ bene quindi sgomberare il campo da queste tipologie di malattie al fine di diagnosticare una vera e propria ansia.
Infine i farmaci che possono provocare o simulare disturbi d’ansia sono: anestetici, antiipertensivi, antistaminici, corticosteroidi, insulina, penicillina e cicolserina, simpaticomimetici, terapia tiroidea sostitutiva, farmaci antiparkinsoniani, anticonvulsionanti e alcuni antidepressivi.
Sintomi e Diagnosi dei Disturbi d’Ansia negli Anziani
Nell’anziano si riscontra di frequente uno stato di costante preoccupazione conseguente ad alcuni problemi correlati a questa età, quali lutti, malattie fisiche e problemi economici, che non deve indurre il medico a porre diagnosi di disturbo d’ansia senza gli adeguati accertamenti clinici. La presenza di correlati somatici e psichici, ossia di sintomi fisici (tremori, dolori e tensione muscolare, iperattività neurovegetativa, sudorazione, palpitazioni, nausea e diarrea, bocca secca ecc.) e cognitivi (irritabilità, difficoltà a concentrarsi, preoccupazioni, paure e fobie ecc.) attribuibili a una condizione di tipo ansioso, può, in tal caso, essere d’aiuto nel riconoscimento di una condizione patologica clinicamente importante e indirizzare verso una diagnosi corretta e un trattamento mirato.
I sintomi fisici dell’ansia nel soggetto anziano sono simili a quelli che si riscontrano nel soggetto giovane, ma possono avere conseguenze più serie sul piano comportamentale e possono essere erroneamente attribuiti a malattie organiche. Condizioni d’ansia severa possono così mimare malattie neurologiche, cardiovascolari, gastroenteriche o endocrine.
L’insonnia è un disturbo molto frequente (in particolare si ha una riduzione della fase REM del sonno): più della metà dei soggetti anziani lamenta alterazioni del sonno e in molti di questi casi il disturbo è conseguente a preoccupazioni, apprensione, incubi o altri sintomi che fanno parte di un quadro di tipo ansioso.
I disturbi fobici sono caratterizzati da un’ansia clinicamente significativa, provocata dall’esposizione a un oggetto, a certi tipi di prestazioni sociali o a determinate situazioni o luoghi. Non sembrano esserci significative differenze, rispetto ai giovani, nel tipo di fobie descritte dagli anziani. Secondo alcuni dati epidemiologici, le fobie (fobia specifica, agorafobia e fobia sociale) rappresentano il disturbo psicologico più frequente nelle donne anziane (6,1% di prevalenza nella popolazione) e il secondo disturbo psicologico più comune nell’uomo anziano (2,9%). L’esposizione agli stimoli stressanti (o anche l’attesa all’esposizione) suscita un’ansia marcata e irrazionale. Molti dei sintomi fobici nei soggetti anziani possono non raggiungere un livello clinico apprezzabile per uno stile di vita che spesso permette a questi soggetti di evitare il contatto con i fattori scatenanti il disturbo.
Il disturbo di panico si sviluppa raramente in tarda età: la prevalenza del disturbo negli adulti sopra i 65 anni è stimato essere da alcuni solo dello 0,1%. Sintomi quali difficoltà a rilassarsi, irritabilità, ipervigilanza, tensione muscolare e sintomi a carico del sistema neurovegetativo sono spesso espressione nell’anziano di un disturbo d’ansia generalizzata. Sia nelle popolazioni di giovani che in quelle di anziani, l’ansia generalizzata è spesso accompagnata da depressione e può rappresentare un sottotipo indipendente di depressione mista ad ansia. La maggiore intensità e frequenza di eventi stressanti nella vita degli anziani sembra elevare il rischio di sviluppare tale disturbo.
Infine, nella persona anziana possono comparire per la prima volta ossessioni e compulsioni. Hanno, tuttavia, una minor prevalenza negli anziani rispetto ai giovani (1 vs. 2,5%). Ad una più attenta valutazione è possibile spesso rilevare nella storia di questi pazienti sintomi e comportamenti ossessivi fin dalla giovane età. Si passa quindi da una condizione giovanile di perfezionismo, metodicità, puntualità e parsimoniosità a una situazione senile di eccessivo desiderio di ordine, ritualità e precisione, con conseguente inflessibilità, rigidità e compulsione. La maggior parte delle compulsioni implica comportamenti di pulizia (mani, pavimento) o di controllo (fornelli, serrature, dosaggio medicine).
Trattamenti dei disturbi d’ansia negli anziani
Se è vero che il trattamento farmacologico nei disturbi di origine ansiosa è idoneo ed utile, dati recenti indicano che agli anziani vengono spesso inappropriatamente prescritti farmaci ansiolitici. In verità senza tener conto dell’eziologia dell’ansia, il gruppo al di sopra dei 65 anni è, in misura sproporzionata, il maggior consumatore di farmaci antiansia. Il 50% dei pazienti delle case di riposo segue terapie con questa classe di farmaci. Tra i farmaci ad azione ansiolitica utili nella terapia dei Disturbi d’Ansia negli Anziani sono da annoverare innanzi tutto i barbiturici e le benzodiazepine, ma anche antidepressivi e neurolettici. La ridottissima tolleranza dell’anziano nei confronti dei barbiturici ne sconsiglia l’utilizzo. Le benzodiazepine producono molti degli effetti collaterali dei barbiturici, quali atassia e confusione mentale ed è quindi preferibile un loro impiego in pazienti che presentano una grave sintomatologia ansiosa di tipo primario.
I pazienti geriatrici presentano un maggiore rischio di tossicità causato o aggravato da:
- maggiore sensibilità del sistema nervoso centrale e ridotta funzionalità renale;
- comorbidità (per es., morbo di Parkinson);
- assunzione di più farmaci e maggiore sensibilità alle interazioni farmacologiche;
- bassa compliance farmacologica
Oltre al maggiore rischio di tossicità, gli anziani sembrano avere effetti collaterali più gravi con l’uso delle benzodiazepine rispetto ai giovani, come sedazione, riduzione del coordinamento, abulia, umore depresso, disorientamento, deficit di memoria e dell’attenzione (con rischio di cadute).Alla luce di questi pericoli, molti autori consigliano di ridurre i dosaggi delle benzodiazepine fino al 50% per compensare l’aumentata emivita correlata alla ridotta funzionalità renale ed epatica degli anziani. Tale modifica del dosaggio è giustificata dal fatto che l’emivita del metabolita del diazepam in un ottantenne è di circa 90 ore, contro le 20 ore circa in un ventenne. Inoltre, se devono essere prescritte le benzodiazepine, sono consigliati i farmaci con emivita più breve, come lorazepam e oxazepam, ma questi comportano un maggiore rischio di astinenza, in particolare con gli anziani.
Chiaramente, le benzodiazepine andrebbero impiegate solo per ridurre l’aggravamento dell’ansia acuta e per periodi molto brevi.
Gli azapironi (di cui è attualmente disponibile il buspirone) sono agonisti non selettivi della serotonina e producono effetti collaterali significativamente inferiori rispetto alle benzodiazepine. Inoltre, nessuna interazione farmacologica clinicamente significativa o sintomi di astinenza sono associati al loro uso. D’altro canto c’è da considerare che il buspirone, richiedendo 1-2 settimane di latenza per manifestare il suo effetto clinico, non può essere utilizzato nelle situazioni acute.
Bibliografia: La valutazione psicologica dell’anziano. Carocci ed. 2005
Buongiorno Dottore, Le scrivo per un consiglio per mio padre di 82 anni. E’ sempre stato un uomo ansioso e con tendenza alla depressione, dorme poco. Nel corso della sua vita è stato seguito da neurologi ma non ha mai risolto il suo problema.
Nell’ultimo anno e mezzo ha perso circa 20 kg. e le hanno diagnosticato solo negli ultimi mesi il morbo di crohn.
Ho notato un peggioramento del suo umore. La terapia che prende per i disturbi di ansia e depressione è: al mattino trittico 75 mg. un terzo di pastiglia – la sera melatonina 2 mg 2 past. – lorazepan 2,5 mezza past. – mirtazapina 30 mg
Non ha mai fatto una visita psichiatrica, vorrei chiederLe, per cortesia, se secondo Lei la terapia che assume va bene o è possibile migliorare la situazione, dato che è sempre agitato, anche solo per sciocchezze e non vive serenamente.
Vorrei poter fare qualcosa per lui.
Grazie dei consigli
Gentile Sigra Clara
per domande come la sua invito sempre i miei lettori a contattarmi sul mio forum che gestisco a questo indirizzo: http://www.psichiatra-a-milano.it/domande . Questioni non centrate sul tema dell’articolo preferisco affrontare in separata sede, o in privato. Mi scriva anche sul forum e le risponderò con piacere.
In questa sede mi limiterò a confermarle che mirtazapina e trazodone (principio attivo del trittico) sono antidepressivi largamente utilizzati nella popolazione anziana per le loro proprietà specifiche. Solitamente entrambe le molecole utilizzate al posto delle benzodiazepine per indurre il sonno o come “potenziatori” di una terapia antidepressiva.
Cordiali saluti
Federico Baranzini
Cortesemente vorrei sapere se ad una donna anziana si possono dare le EN gocce essendo fortemente ansiosa. La ringrazio anticipatamente.
Buongiorno Sig Giovanni
il farmaco che cita contiene un principio attivo appartenente alla categoria delle benzodiazepine. Sono farmaci comunemente usanti in psichiatria come ansiolitici e sedativi. In particolare però le guide linee più recenti prevedono che si cerchi di utilizzarli il meno possibile nei soggetti anziani soprattutto se grandi anziani (>85 anni) per i loro effetti collaterali potenzialmente deleteri se non a volte fatali per una persona molto in là con l’età. In particolare proprio la sottocategoria a cui appartiene EN per le caratteristiche intrinseche del principio attivo, ovvero una prolungata emivita. Questo spesso porta ad un affetto di accumulo nell’anziano non utile, anzi spesso molto problematico da gestire. Nel soggetto anziano sarebbe meglio evitare l’uso di benzodiazepine oppure prediligere quelle a breve emivita.
Cordiali saluti
Federico Baranzini
Caro dottore Federico Ho 53 anni Da 10 anni assumo farmaci antidepressivi per una nevrosi depressiva iniziata 31 anni fa ma aggravata 10 anni fa le mie dosi giornaliere sono 15 mg di seropran e 50 mg di trittico la sera.. Ora credo che il trittico non mi servi a molto in quando non ho una buona qualità del sonno.. e da qualche mese ho tremori notturni con scariche di diarrea. Ho iniziato a diminuire il trittico a 25 mg. In più ho fatto per molti anni psicoterapia la quale mi ha aiutato moltissimo. Volevo un suo parere e consiglio sui farmaci
Gentile Sigra Ornella
la ringrazio per il suo contributo.
Credo possa prendere in considerazione di ridurre il trittico fino a sospenderlo con l’aiuto e il monitoraggio del suo curante. Dico ciò non tanto per gli effetti collaterali che lei paventa e ipotizza ma piuttosto in quanto credo che dopo 10 anni (non sono pochi) non solo possa pensare di ma debba provare a ridurre quantomeno l’apporto dei farmaci soprattutto se ha avviato negli anni un percorso psicoterapeutico.
Un cordiale saluto
Federico Baranzini
Salve dottore soffro tanto di fibromialgia, mi era stato prescritto il farmaco trittico ma ho dovuto sospendere perché troppi effetti collaterali per me insopportabili….. Cosa mi consiglia di fare? Potrei tornare ad assumere il cymbalta senza ingrassare visto che sono seguita da una nutrizionista? Grazie mille
Gentile Sigra Piera
non specifica chiaramente nel suo intervento il motivo per cui ha interrotto l’uso di cymbalta. Forse ha avuto effetti collaterali anche con quel farmaco? Forse è ingrassata? La duloxetina è un ottimo farmaco per questa patologia -la fibromialgia- ma non è l’unico utilizzabile. Si confronti con il suo curante per valutare delle alternative al trittico. Altrimenti potrà sempre affidarsi alla sua vecchia cura ottimizzando la dieta e introducendo una giusta quota di attività fisica giornaliera.
Cordiali saluti
Federico Baranzini