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Uno studio francese sembra gettare luce su alcuni effetti collaterali delle benzodiazepine nei pazienti anziani: sembra, infatti, che gli ansiolitici di questo tipo siano in grado di aumentare il rischio di insorgenza della demenza senile del 60% nei pazienti in età avanzata.

L’assunzione di determinati medicinali può portare con sé determinati effetti negativi per la salute generale di un paziente, questo è un fatto noto e che può essere applicato ad una vasta gamma di farmaci. Recenti studi, però, hanno dimostrato come l’assunzione di ansiolitici a base di benzodiazepine possa portare con sé conseguenze ben più precise di quanto si era creduto sinora.

Già in passato, infatti, erano ben noti gli effetti collaterali delle benzodiazepine a livello cognitivo soprattutto in caso di un’assunzione prolungata di questo tipo di farmaci. I risultati degli studi condotti finora, però, erano sempre stati conflittuali.

Grazie ad una ricerca effettuata nel sud-ovest della Francia dalll’equipe della Dottoressa Sophie Billioti de Gage è ora possibile trarre conclusioni più precise in merito all’influenza delle benzodiazepine sulle capacità cognitive soprattutto in soggetti anziani. Lo studio, infatti, ha dimostrato come l’assunzione di ansiolitici a base di benzodiazepine da parte di pazienti in età avanzata contribuisca ad aumentare il rischio di insorgenza di demenza.

Dopo aver selezionato1063 pazienti di età superiore ai 65 anni provenienti dal sud-ovest della Francia, è stato possibile notare come durante il follow-up il rischio dell’insorgenza di demenza senile aumentasse del 60% nei pazienti in cura con benzodiazepine. Anche dopo aver effettuato ulteriori analisi del campione, con aggiustamenti in merito ad età, sesso ed altre patologie esistenti, i risultati non sono cambiati.

I pazienti presi in considerazione sono stati scelti fra i 3777 già analizzati in occasione dello studio PAQUID che ne ha seguito l’andamento clinico negli ultimi vent’anni. Tra questi sono stati scelti coloro i quali si sono sottoposti a visite di controllo ogni 2 o 3 anni e che avessero preso parte allo studio da almeno cinque anni. Non sono stati scelti i pazienti che avessero già mostrato segni di demenza e attualmente in cura con benzodiazepine al terzo anno o che non fossero in grado di fornire informazioni precise in merito all’assunzione di benzodiazepine. Una volta esclusi questi pazienti, sono rimasti nello studio i 1063 successivamente analizzati la cui età media si attesta sui 78 anni al momento dell’inizio della ricerca.

Il risultato ha mostrato un rapporto 1,60 per quanto riguarda l’insorgenza della demenza dopo il quinto anno di studio associata all’assunzione di benzodiazepine. Tutto questo è rimasto invariato anche dopo aver verificato altri parametri durante i primi tre anni dello studio quali età, sesso, assunzione di vino, livello di educazione e l’eventuale esistenza di malattie cardiovascolari o di diabete oltre all’assunzione di altri medicinali.

Sarà comunque necessario effettuare studi ulteriori e più mirati in materia dal momento che lo studio PAQUID non tiene in considerazione determinate variabili che potrebbero, quindi, far variare i risultati finora ottenuti. Tra queste ricordiamo l’assenza di valutazione in merito ad eventuali disturbi del sonno nei pazienti studiati o la presenza di ansia. Anche l’esclusione dalla ricerca di quei pazienti che non sono stati in grado di fornire dati precisi potrebbe averne in qualche modo influenzato il risultato finale.

Fonte: http://www.bmj.com/content/345/bmj.e6231

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