L’esofagite da reflusso è un disturbo dovuto alla risalita anomala dei succhi gastrici dallo stomaco all’esofago o reflusso gastroesofageo. I succhi gastrici sono secreti dalla mucosa interna dello stomaco e contengono muco, sali, acqua, enzimi digestivi e acido cloridrico. Il muco protegge la parete gastrica che così, nonostante la presenza di sostanze acide e di enzimi digestivi, non viene danneggiata. Quando lo sfintere gastroesofageo si rilascia nel momento non opportuno si ha il passaggio verso l’alto del contenuto gastrico, e si verifica il cosiddetto reflusso gastroesofageo.
Sintomi
Il sintomo principale è una sensazione di rigurgito acido nell’esofago, associato a bruciore localizzato al petto, dietro allo sterno, che può salire verso la gola e la cavità orale. Le conseguenze sono molteplici tra cui l’irritazione della mucosa esofagea, le difficoltà digestive e l’alitosi.
Si tratta di un disturbo estremamente diffuso, aumentato notevolmente negli ultimi 20 anni: nel soffre il 44,3% della popolazione.
Tale condizione diventa patologica quando il reflusso si verifica troppo spesso o quando il contenuto gastrico è eccessivamente acido.
Cause del reflusso gastroesofageo
Il reflusso gastroesofageo può dipendere da diverse cause:
- abitudini alimentari scorrette (assumere cibi grassi e fritti, coricarsi dopo aver consumato pasti abbondanti, far
- uso eccessivo di bevande alcooliche)
- anatomiche (chiusura incompleta dello sfintere esofageo, ernia iatale)
- funzionali (secrezione gastrica eccessiva, prolungato ristagno di cibo nello stomaco)
- farmacologiche (antidolorifici, antistaminici, calcio-antagonisti e altri)
- psicosomatiche (stress, ansia, preoccupazioni eccessive)
La forte componente psicosomatica dell’esofagite da reflusso è stata dimostrata in una ricerca norvegese condotta su 3.153 pazienti affetti da sintomi da reflusso versus 40.210 soggetti senza sintomi. Il rischio di reflusso è risultato significativamente aumentato nei soggetti affetti da disturbi d’ansia, in quelli depressi e nei soggetti sia ansiosi che depressi rispetto ai soggetti non ansiosi/depressi. I risultati dello studio portano alla conclusione che ansia e depressione correlano fortemente con i sintomi del disturbo.
I pazienti con sintomi tipici del disturbo e maggiore sofferenza psicologica, tendono a sviluppare uno stato di ipervigilanza che a lungo andare può stabilizzarsi come risposta agli eventi stressanti in modo scarsamente adattivo. L’ipervigilanza si traduce nell’abbassamento della soglia del dolore, con rilevamento di “falsi allarmi” ed amplificazione dei sintomi, così come nell’errata valutazione di eventi e situazioni. Entrambe le cose alimentano a loro volta il livello d’ipervigilanza, originando un circolo vizioso psicosomatico.
Interpretazione e significato simbolico
È possibile interpretare il fenomeno anche dal punto di vista simbolico. Come già detto, l’esofagite da reflusso, si manifesta con un ritorno nell’esofago del materiale gastrico. Ciò può essere visto come la paura di affrontare una situazione nuova, oppure come la tendenza a ritornare sui propri passi, preferendo continuare a percorrere il percorso noto, magari meno soddisfacente, ma pur sempre conosciuto.
Il ritorno nell’esofago di sostanze acide è causa di bruciore (pirosi). La pirosi altro non è che “un fuoco dentro”, un’aggressività repressa che rimane latente per l’incapacità del soggetto che ne soffre di manifestare verso l’esterno le proprie insoddisfazione nei confronti di situazioni “non digerite”, e per aver dovuto buttar giù “bocconi amari”. Non essendo in grado di manifestare e sfogare le proprie pulsioni all’esterno, il soggetto trattiene tutto dentro e lo rimanda indietro, contro sé stesso, in una forma di auto-aggressività. Il voler tenere tutto sotto controllo, alimenta la condizione di costrizione, di tensione, di stress e rabbia. Quest’ultima è trattenuta, non ha via di fuga, tenta di uscire ma è rimandata indietro, esplode e avvampa all’interno, causando bruciore.
Il professor Ferruccio Antonelli a questo proposito scrive:
“colpisce soggetti che, a tratti, quando proprio hanno raggiunto il limite della sopportazione, cedono a improvvisi e violenti attacchi d’ira; altrimenti si rifugiano in questo tipo di patologia auto-aggressiva e, pertanto, autopunita. Può essere proficuo in questi casi lavorare sul senso di colpa”.
Terapia del reflusso gastroesofaceo
La cura della malattia da reflusso si basa sulla correzione dello stile di vita, sulla terapia farmacologica e sulla psicoterapia. La correzione dello stile di vita prevede l’acquisizione di buone regole alimentari come consumare pasti regolari e non troppo abbondanti ed evitare di coricarsi nelle 2-3 ore dopo aver mangiato. Il consiglio è, inoltre, quello di non assumere alimenti che causano acidità come i fritti, il caffè e le bevande alcoliche ed evitare di fumare.
Il trattamento farmacologico può prevedere la somministrazione di farmaci procinetici che accelerano il tempo di svuotamento dello stomaco, di protettori della mucosa esofagea e di farmaci che riducono l’acidità delle secrezioni gastriche. Anche farmaci antidepressivi SSRI o serotoninergici possono alleviare nel tempo la risposta ansiosa e la iperreattività tipica di questi pazienti portando benefici indiretti alla somatizzazione gastrica.
Quando il reflusso è la conseguenza di un periodo di forte stress o ansia, è opportuno consultare uno specialista in grado di valutare sia l’aspetto organico che psicologico del disturbo. La diagnosi del profilo personologico e psicologico del paziente permette di procedere con un percorso di psicoterapia necessario a superare le cause del disturbo. Il supporto psicologico è fondamentale per aiutare la persona ad esternare i vissuti inespressi e per capire le motivazioni della rabbia trattenuta.
Bibliografia
- Libro Bianco della Gastroenterologia Italiana, consultato Online nel 9/2017
- Jansson C. et al. Severe gastro-oesophageal reflux symptoms in relation to anxiety, depression and coping in a population-based study, 2007
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