In un mondo sempre più informatizzato, dove sempre più adolescenti soffrono di depressione ma rifiutano le sedute di terapia, ecco che proprio un videogioco sembra destinato ad invertire questa tendenza.
Le nuove tecnologie e in particolare il mondo dell’informatica si sono creati degi spazi sempre più grandi all’interno del nostro modo di vivere quotidiano arrivando a interessare aree un tempo semplicemente impensabili.
Questa sempre crescente informatizzazione della vita, quindi, ha spinto anche il mondo della medicina ad adattarsi ai bisogni dei pazienti, persino di quelli affetti da problemi quali la depressione, una malattia molto spesso curata grazie al rapporto “faccia-a-faccia” tra medico e paziente ancora prima che con i farmaci.
E così, se la terapia telefonica sembra intenzionata a prendere sempre più piede per trattare le forme meno gravi di depressione in quei pazienti con poco tempo a disposizione per potersi recare direttamente dal medico, ecco che anche i giovani stanno per scoprire una terapia fatta su misura per loro che sfrutta una delle loro più grandi passioni: i videogiochi.
Spesso demonizzati come istigatori di violenza e di alienazione nelle fasce più giovani della popolazione, la fama dei videogiochi potrebbe cambiare definitivamente grazie ad alcuni studi condotti in merito in Nuova Zelanda.
Il responsabile di questa vera e propria rivoluzione si chiama SPARX (acronimo di Smart, Positive, Active, Realistic, X-Factor Thought) ed è un videogioco di tipo fantasy interattivo destinato ai pazienti adolescenti in cura per una diagnosi di depressione. Il gioco in questione si pone come una valida alternativa alla terapia cognitivo comportamentale di tipo classico: meno di un quinto degli adolescenti a cui viene diagnosticata la depressione cerca aiuto di tipo professionale frequentando le sedute di terapia cognitivo-comportamentale.
Grazie a SPARX, invece, anche i pazienti più giovani potrebbero trarre grande beneficio senza dover neppure lasciare la propria stanza. Per tutta la durata dello studio, infatti, l’unico contatto con i medici per i 187 pazienti tra i 12 e i 19 anni esaminati è avvenuto in occasione dell’iscrizione alla ricerca e per via telefonica a distanza di un mese dall’inizio dell’utilizzo di SPARX.
Dei 187 ben 168 hanno completato i 3 mesi di follow-up mostrando un tasso elevato di remissione proprio grazie al videogioco benchè i risultati più importanti siano stati rilevati essenzialmente nel caso di pazienti affetti da forme più leggere di depressione.
SPARX è strutturato in base ad una serie di sfide che il giocatore si trova ad affrontare nella persona del suo “avatar” sino a riportare l’equilibrio all’interno di un mondo dominato da pensieri negativi ed oscuri. Il paziente/giocatore si trova impegnato su di un fronte di 7 moduli dalla durata di 20-40 minuti ciascuno.
La terapia cognitivo-comportamentale si inserisce, così, nel gioco sotto forma di una sorta di guida che aiuta il paziente/giocatore ad assumere la giusta prospettiva necessaria ad affrontare sia le sfide proposte all’interno del gioco sia quelle che si presentano nella vita di tutti i giorni.
Questo studio sembra, quindi, voler aprire le porte ad un nuovo modo di concepire la terapia cognitivo-comportamentale nell’era della generazione dei cosiddetti “nativi digitali” ovvero tutti quei ragazzi e quelle ragazze nati ai tempi dei computer e di internet.
Andando loro incontro con un mezzo di questo tipo è sicuramente possibile rendere molto più accessibile la terapia cognitivo-comportamentale superando l’imbarazzo e la suggestione che una terapia di tipo tradizionale spesso possono infondere negli adolescenti.
Fonte: http://www.bmj.com/content/344/bmj.e2598
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